Abbattere ogni barriera e scoprire il Signore

Quale vocazione oggi?

Per rispondere a questa domanda penso che si debba dare uno sguardo alla storia del cristianesimo.
Subito, agli inizi della vita della Chiesa sono sorti, in modo spontaneo, particolari vocazioni nate da un più profondo desiderio di radicalità nel vivere la fede. Il modello era naturalmente Gesù interpretato in alcuni dei suoi aspetti, quali la preghiera, la predicazione, l’itineranza, la vita comunitaria, la solitudine, l’aiuto ai poveri e così via.

Essendo un desiderio di radicalità, non poteva mancare l’aspetto più marcatamente forte quale la rinuncia alla famiglia, al possesso dei beni e all’uso autonomo della propria libertà. In una parola, volevano essere dipendenti da Dio al 100%, diventare una sola cosa con Gesù, al quale si consacrava tutto, cuore, mente e corpo. Era un modo particolare di seguire Gesù che è stato identificato poi con la consacrazione.

Non è stata la Chiesa a inventare la vita consacrata; è la fede stessa del popolo di Dio che risponde ad un carisma dello Spirito messo nel cuore di alcuni fedeli, uomini e donne.

Ed essendo un segno forte di sequela radicale e non comune, la Chiesa non ha potuto se non circondarlo di grande rispetto e onore.

Non si tratta di dare dei privilegi, ma di riconoscere una particolarità specifica di questo stile di vita, carico di significato escatologico.
Se questa è la radice spirituale e sociologica della consacrazione, subito si è costruita una teologia che ne desse ragione e un apparato giuridico che potesse regolare questa varietà di consacrazione. Infatti, nacquero da subito molteplici espressioni di vita consacrata, dal cenobio agli anacoreti, dalle comunità miste alle vergini consacrate, e così via…
Nella storia della Chiesa abbiamo assistito al nascere di forme sempre nuove di vita consacrata, genuine o meno, di molte delle quali non si ricorda neppure il nome. Questo processo continua ancora oggi, specialmente dopo il Concilio Vaticano II.
Un giorno un arcivescovo, tutt’ora vivente, indispettito dal fatto che i giovani della sua arcidiocesi sceglievano la vita consacrata della Koinonia, comunicò che bastava scegliere tra le congregazioni esistenti senza cercare altrove. Questa obiezione è valida?
Se da un lato bisogna riconoscere l’azione dello Spirito, libera e sovrana, alla quale dobbiamo rispondere con gratitudine e docilità, dall’altro bisogna anche riconoscere che vi è un continuo divenire e cambiamento: è la storia.

Storia significa che vi sono dei cambi nel tempo; gli uomini cambiano nel loro modo di percepire la vita, i valori, la fede. Potremmo dire che la rivelazione continuamente si colora con modalità diverse, adatte al contesto culturale odierno, sempre fatto di luci e ombre. Negare la storia sarebbe negare l’attualità della salvezza, la validità dell’incarnazione e la stessa relazione con Dio. Se l’uomo cambia, cambia anche la forma di vivere la fede.

Giustamente Papa Francesco ha affermato che oggi non viviamo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento di epoca.
Quindi se vogliamo rispondere adeguatamente alla voce dello Spirito che chiama, dobbiamo stare attenti alla voce della storia che ci interpella.
Se la vita consacrata è segno di radicalità nella sequela e di vicinanza della presenza di Dio, dobbiamo interrogarci e scoprire non tanto ciò che l’uomo ha bisogno – i bisogni fondamentali rimangono sempre gli stessi – ma come l’uomo capisce e vive oggi questi bisogni.

Abbiamo bisogno di una nuova grammatica per elaborare un messaggio che sia comprensibile, carico di significato e passibile di accoglienza per l’uomo di oggi. Sarebbe un guaio ritrovarci a parlare a dei sordi. Gesù stesso ha inventato il genere parabolico per parlare al suo popolo del Regno di Dio.

E quindi quale vocazione oggi?

Quella più comprensibile, che sappia far trasparire la validità del dipendere da Dio in tutto.

Concretamente?

Dove si sente la gioia dell’amicizia per scoprire il valore dell’altro e intravederne il volto di Dio,
dove si sperimenta la forza della preghiera per confermare la speranza e la comunione con Dio,
dove si testimonia il coraggio di andare oltre per vincere le paure dell’accusa e della solitudine,
dove si vive la tenacia della fedeltà per superare la schiavitù dell’illusorio presente
ed infine dove c’è un’accoglienza che supera ogni barriera e si scopre il Dio amico, il Dio con noi.

Alvaro Grammatica

Articolo tratto dalla rivista periodica della Koinonia “il KeKaKò”