Abbiamo bisogno di una profezia? Non basta il Vangelo?

La profezia di Camparmò

La domanda posta è sicuramente una bella provocazione, che però ci aiuta a scoprire il perché della profezia di Camparmò, alla quale tutti siamo affezionati.

La vera rivelazione sta nel vangelo: è lì che troviamo il cuore della nostra fede. Esso è insostituibile; esso è la vera fonte da dove tutto prende significato. Fermarci, però, al solo vangelo potrebbe farci cadere nell’errore che basti solo la lettera per avere una piena rivelazione. E la Chiesa nel suo percorso storico conosce bene questa riduzione teologica.

In realtà il vangelo deve essere inserito in una corrente che è la tradizione, quel flusso di fede che vive il vangelo giorno dopo giorno. È da lì che nasce il vangelo, cioè dalla vita reale e concreta del credente chiamato ad un’alleanza con Dio. La vera tradizione è il vangelo vissuto e testimoniato. Ed in questo fiume c’è anche la profezia di Camparmò, naturalmente senza quei crismi di autenticità tipici del Magistero, ma pur sempre presente.

Allora, a che cosa serve la profezia di Camparmò?

La profezia di Camparmò serve per vivere e per testimoniare il vangelo oggi, in questo mondo contemporaneo con le sue luci e le sue ombre. Non si sostituisce al vangelo, ma lo interpreta illuminando istanze e particolari che determinano modi di vivere la fede.

Per tale ragione, conoscere la profezia di Camparmò è conoscere come dobbiamo vivere la nostra fede nell’attuale contesto di vita. Essa è un dono che ci offre il Signore perché il vangelo non rimanga in noi lettera morta, ma diventi una lettera viva e splenda di quella luce necessaria all’evangelizzazione che lo Spirito continua a chiedere alla Chiesa.

Potremmo dire che la profezia di Camparmò è un soffio dello Spirito di Gesù che soffia dove vuole, come vuole e quando vuole. Per questo non può se non essere una chiamata precisa di Dio alla quale siamo chiamati a rispondere con generosità e di cui dobbiamo essere grati.

In questo discorso, vorrei sottolineare un aspetto importante: la Koinonia Giovanni Battista non è stata fondata in forza della profezia di Camparmò, ma prima. Camparmò ha preso vita prima che la profezia fosse ricevuta; essa viene dopo per confermare e suggerire nuove piste attuative, per dare forma alle origi- nali intuizioni che stavano nel cuore di p. Ricardo.

E questo ci suggerisce alcune indicazioni per comprendere la profezia di Camparmò.

In primo luogo ciò che conta non è la profezia medesima, ma le persone che la vivono. Sono esse le destinatarie; esse hanno la priorità. Per comprendere la profezia, dobbiamo guardare la concreta realtà di coloro che non solo credono, ma la mettono in pratica.

È la vita che interpreta la profezia. In particolare bisogna avere uno sguardo prioritario verso la persona che originariamente ha ricevuto l’intuizione di dare vita alla Koinonia, p. Ricardo. È dal legame con lui che comprendiamo il peso della profezia e la sua portata ecclesiale e missionaria.

Tenere la profezia e staccarsi da chi l’ha partorita come iniziale origine, sarebbe come togliere le radici di un albero. Non ci sarebbe più vita. La profezia viene a concettualizzare un concepimento avuto sul monte Pasubio, tre anni prima dal ricevimento della profezia nel 1978, ed a confermare l’iniziale comunità che già da due anni viveva a Camparmò e il cui nome era già ben chiaro, quello di Giovanni Battista.

La profezia di Camparmò rimarrebbe incomprensibile senza p. Ricardo, senza coloro che hanno vissuto fedelmente l’esperienza delle origini, senza unità. Così pure rimarrebbe incomprensibile senza interpretarla alla luce di Giovanni Battista, senza assumere la missione di annunciatori di Gesù, il Messia.

Perché quindi la profezia?

Per amare Camparmò, per amare le radici, per amare ciò che siamo e per essere profeti per i nostri fratelli.

In sintesi la profezia ci aiuta ad amare la nostra chiamata.

Alvaro Grammatica

Articolo tratto dalla rivista periodica della Koinonia “il KeKaKò”