La condivisione è il nostro stile di vita

Dalla Polonia la testimonianza di Beata Wójtowicz

Beata, da molti anni sei coinvolta nella Chiesa, nella Koinonia…, hai una forte personalità, sei una leader. Vorresti condividere la tua esperienza di persona laica coinvolta nella vita comunitaria? Come sei riuscita a conciliare il tuo lavoro di evangelizzazione con la realizzazione della chiamata alla vita matrimoniale, con la maternità e con il tuo lavoro professionale a tempo pieno? Come vivi oggi da vedova?
MOGLIE
Al tempo del nostro fidanzamento eravamo entrambi molto coinvolti in attività pastorali. Mi ricordo che abbiamo cominciato a lavorare come partner, coscienti di essere uguali di fronte a Dio, nessuno dei due dominava, non c’era rivalità fra di noi. Quando ci siamo sposati siamo rimasti fedeli alla prima descrizione della creazione dal Libro della Genesi: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Lo studio di questa Parola e l’esegesi portata avanti da Giovanni Paolo II ci ha dato chiarezza: l’uomo e la donna sono uguali di fronte a Dio per quanto riguarda la dignità e la responsabilità. E noi vivevamo così nel nostro matrimonio: mio marito non mi obbligava a fare niente, né tantomeno io lo costringevo a fare qualcosa. Abbiamo sempre dialogato per prendere delle decisioni comuni. A volte sono stata io a dargli ragione, altre volte si è adeguato lui alla mia opinione. Nessuno dei due era più importante dell’altro. Lo imparavamo e cercavamo di trasmetterlo anche nell’ambito della nostra comunità. Siamo uguali come uomo e donna, ma la femminilità e la mascolinità sono due realtà diverse che si completano in modo meraviglioso, si arricchiscono a vicenda e possiedono delle doti proprie. Queste doti non sono per noi stessi, ma per servire gli altri e la Chiesa. Vivendo così si evitano situazioni nelle quali una delle due parti impone qualcosa all’altra o “il marito decide”. Io non ho mai avuto difficoltà quando mio marito proponeva qualcosa; dopo averne parlato insieme, accoglievo il suo parere. Anche lui si comportava così nei miei confronti. Ringrazio il Signore perché mio marito non aveva un’immagine diversa riguardo al matrimonio. Una volta qualcuno mi ha detto che dovevo sentirmi fiera perché mio marito era sindaco. Ho risposto che ero sicuramente fiera, non tanto per mio marito, ma in quanto figlia di un grande Dio. Guardare a me stessa così come mi vede Dio, l’ho imparato da Andrzej, mio marito.
MADRE
Nella nostra famiglia avevamo una gerarchia ben chiara corrispondente piuttosto ad un puzzle, perché i vari aspetti della vita famigliare, del lavoro e del coinvolgimento nella vita della Koinonia si compenetravano a vicenda. Quando si pone Gesù al primo posto nella propria vita, allora tutte le altre cose, la vita famigliare, il lavoro e la comunità sono sottomesse a Lui, tenendo presente che la vita di famiglia e tra gli sposi esige una certa esclusività nella loro relazione. Per noi un’indicazione chiara è stata in questo caso la parola dalla Lettera agli Ebrei: “Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio” (Eb 13,4). Per questo abbiamo sempre cercato di custodire del tempo da dedicare solo alla famiglia. La comunità sapeva che un certo giorno della settimana era riservato per stare tra di noi e lo rispettava. Nessuno ci chiamava, non organizzavamo nessun incontro.
La nascita dei nostri figli è stata una bellissima esperienza per noi, ma dovevo tenere conto che da quel momento avrei avuto meno tempo per le altre attività. In quel periodo stavo concludendo gli studi per il dottorato e Andrzej mi raccontava tutto ciò che stava succedendo nella comunità, così che non mi sono mai sentita esclusa dalle nostre responsabilità che avevamo in Koinonia. Eravamo sempre insieme e Andrzej mi aiutava in ogni cosa. Se lui non mi avesse aiutato non avrei potuto farcela. La condivisione continua è diventata il nostro stile di vita, per cui non mi sono mai sentita messa da parte o dominata.
VEDOVA
Per me è un’esperienza sempre nuova, sto imparando come essere vedova. Il papa Francesco poco tempo fa parlando dell’amore ha ricordato le parole di san Paolo quando dice che l’amore è più forte della morte. E io lo sperimento. Andrzej è con me, anche se in un modo diverso, mi aiuta in questa mia vedovanza e nel lavoro di evangelizzazione. Non mi immagino di lasciare tutto ciò che facevamo insieme nella Koinonia, solo perché lui non c’è più. Questo sarebbe come tradirlo. Essere coinvolta nella comunità, essere responsabile per l’evangelizzazione e condividere la mia fede con gli altri sono cose che mi fanno vivere la pienezza della vita, nonostante il fatto che mio marito non sia più al mio fianco. Mi manca Andrzej, ma incontrarmi con altre persone e condividere con loro la fede mi fa tornare la voglia di vivere.
Przemyslaw Krawczak

Chi è: Beata Wójtowicz è dottoressa in teologia pastorale, direttrice della Scuola di Evangelizzazione della Koinonia Giovanni Battista in Polonia e coordinatrice della Regione di Cracovia.
Dal 1994 fa parte della Koinonia Giovanni Battista; in passato animatrice nel Movimento Luce e Vita e coordinatrice della comunità del Rinnovamento Carismatico. Attualmente insegna catechesi in un liceo di Cracovia. Fino alla morte del marito Andrzej, avvenuta nel 2016, hanno lavorato insieme nella Koinonia polacca. Hanno due figli adulti.

Articolo tratto dalla rivista periodica della Koinonia “il KeKaKò”