La presenza della Koinonia in Terra Santa è una benedizione

L’INTERVISTA – Padre Giuseppe De Nardi:
«Il cristiano deve prendere coscienza che senza le radici l’albero si secca e muore».

TIBERIADE – Nel 2006, quando la Koinonia si stava espandendo con nuove comunità fino all’America e all’Africa, un piccolo nucleo di fratelli e sorelle, pieni di speranza ed entusiasmo, intrapresero il viaggio che li avrebbe portati nella terra di Gesù e di Giovanni Battista, vedendo così esauditi anni di fervente intercessione e realizzando il sogno di stabilirsi nella città santa, Gerusalemme. “Spes” era il nome della nave, che salpata da Monfalcone il 4 gennaio, li fece approdare nella terra promessa.

CHI È
Giuseppe De Nardi è parte della Koinonia Giovanni Battista dal 5 luglio 1989. Il 30 agosto 1998 viene ordinato sacerdote. Dal 2001 al 2005 è responsabile dell’Oasi di Roma e dal 2006 si trasferisce in Terra Santa e dà inizio, insieme ad alcuni fratelli e sorelle, ad una realtà della Koinonia. Il 10 febbraio 2012 consegue la licenza in Scienze Bibliche ed Archeologia allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Attualmente è il responsabile della Koinonia presente in Terra Santa e dal 2010 è parroco di Tiberiade.

Che valore ha per il mondo di oggi la Terra Santa?

«Per secoli la Terra Santa è stata e continua ad essere meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo, soprattutto dalle tre principali religioni monoteistiche. Ancora oggi, questi luoghi santi, hanno la forza di attirare a se gente da paesi e culture diverse. Anche se la società odierna in qualche modo cerca di dimostrare di non avere bisogno di una realtà ultraterrena, il continuo crescere di numero di pellegrini negli anni che passano, rivela invece che in fondo ogni uomo è in continua ricerca, anche e soprattutto nel mondo spirituale».

Il destino della Terra Santa riguarda tutti i cristiani…

«La Terra Santa ha in se le radici storiche e spirituali della nostra fede cristiana. Il cristiano deve prendere coscienza che senza le radici l’albero si secca e muore. Per questo motivo non può essere indifferente agli eventi culturali e storico-politici che accadono in questi paesi. Il primo dovere è quello di pregare per la pace in Terra Santa. Volendo fare un ulteriore passo, oltre alla preghiera, è importante conoscere la storia di questa Terra: prima di tutto da un punto di vista biblico, la relazione tra Dio e il suo popolo Israele, l’attesa messianica e la venuta di Gesù in questo mondo, in questo paese, fra questo popolo. In un secondo momento, conoscere la storia in particolare del popolo di Israele, da Abramo fino ai nostri giorni con la nascita dello stato di Israele e tutto gli avvenimenti politici che si sono susseguiti da allora. Per ogni cristiano il legame con questa realtà diventa vitale, poiché senza le proprie radici ogni albero è destinato a perire».

A suo parere i pellegrini visitano solamente “pietre morte”?

«Questo dipende molto da chi viene organizzato e motivato il pellegrinaggio. Spesso incontriamo con tristezza pellegrini con il solo scopo di scattare foto da pubblicare nei social, poter dire “io c’ero”, senza preoccuparsi del profondo significato di questi luoghi e tanto meno avere un contatto con la realtà locale. D’altra parte invece riceviamo visite di gruppi, anche a Tiberiade, che dimostrano interesse della vita cristiana in Israele, ponendoci domande sulla comunità cristiana, su come vive il rapporto con la società israeliana, etc. Noi, come Koinonia Giovanni Battista, proponiamo sempre questo tipo di pellegrinaggi, i cui ingredienti principali sono la Bibbia, la preghiera, la storia, l’archeologia e le testimonianze di cristiani che vivono in questo paese».

Padre Giuseppe, perché lei è andato in Terra Santa?

«Il perché trova una prima risposta nel lontano 1997 quando per la prima volta la Koinonia Giovanni Battista venne in contatto con Israele, in particolare con il mondo giudeo messianico. Mio fratello Emanuele venne invitato ad una settimana di preghiera e digiuno organizzata da diverse denominazioni cristiane. In questa occasione venne accolto in casa di due fratelli giudeo messianici, Benjamin e Reuven Berger, proprio a Ein Karem, nel villaggio di Giovanni Battista. Da questo incontro per la Koinonia Giovanni Battista si aprì un mondo nuovo che finora non aveva attirato la sua attenzione. Da allora l’amicizia con Benjamin e Reuven divenne sempre più intensa portandomi circa vent’anni fa a vivere un’esperienza comunitaria nella loro casa assieme al nostro fratello Corrado. Abbiamo vissuto insieme quasi un anno, trascorrendo molto tempo nella preghiera e nella condivisione. Da questa esperienza è maturato nel mio cuore un amore particolare per questa terra e la coscienza che il Signore mi chiamava a servirlo fra questa gente».

La vostra è una presenza solo significativa?

«Non direi solo significativa però sì, soprattutto significativa. La presenza della Koinonia in Terra Santa è di benedizione per tutti i suoi membri. Siamo qui presenti come nucleo comunitario dal 2006. Da allora abbiamo investito prima di tutto nella preghiera e nell’ascolto della Parola di Dio. Perché il Signore ci ha condotto fino a qui? Credo che la risposta migliore sia la preghiera di Gesù in Gv 17, dove chiede con insistenza al Padre il dono dell’unità dei suoi. In Terra Santa sono presenti tutte le denominazioni cristiane e qui si ha l’opportunità di costruire legami e amicizie innanzitutto all’interno del suo corpo, “perché il mondo creda” (Gv 17,21). Parlando di cristiani potrebbe sembrare una cosa facile se tutti seguiamo l’esempio dato da Gesù. Ma i fatti e la realtà dimostrano che seguire questo esempio è un’impresa ardua. In queste relazioni si mettono frammezzo molte interferenze che spesso distolgono dal conseguire questo obiettivo. È un telo da tessere con pazienza, costanza, che a volte necessita di essere scucito per ricominciare daccapo. Come Paolo dice la vera sfi da è quella di gareggiare nella stima vicendevole (cf. Rm 9,10), un punto di inizio fondamentale per potere costruire rapporti solidi di fiducia reciproca e incondizionata. Insieme a questi sforzi la preghiera incessante, unita a quella di Gesù, di Giovanni 17: “Siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22)».

Dove opera?

«Nel 2010 la Custodia di Terra Santa ha affidato alla Koinonia Giovanni Battista il santuario e la casa per pellegrini, nonché la parrocchia di S. Pietro Apostolo in Tiberiade con l’approvazione del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Così solo dopo 4 anni si è aperta una importante porta per la comunità che dà l’occasione di condividere la propria fede con una realtà locale. I cristiani di Tiberiade sono veramente pochi, tuttavia ha dato l’opportunità alla comunità di continuare a radunare un piccolo gregge in preghiera e in ascolto della sua Parola. Anche l’accoglienza di pellegrini in visita al santuario o che vengono per soggiornare alcuni giorni nella casa del pellegrino sono fratelli e sorelle mandati dal Signore con i quali possiamo condividere la gioia della vita nuova in Gesù.

Nel 2014 alla Koinonia viene affidato anche il piccolo santuario della tomba di S. Elisabetta a S. Giovanni nel deserto. Un luogo certamente significativo per la Koinonia, un luogo di ritiro e preghiera da dove salgono in particolare le preghiere di intercessione per tutti coloro che ne fanno richiesta. Da qui, tre nostre sorelle, prestano servizio in tre diversi uffici della Custodia di Terra Santa. Anche questa è una importante presenza che unisce la Koinonia alla missione dei frati nella custodia dei luoghi santi».

Aldo Marcon

Articolo tratto dalla rivista periodica della Koinonia “il KeKaKò”