Una nuova pastorale per le vocazioni

Quale vocazione oggi?

Poco fa siamo stati testimoni del primo Sinodo dedicato ai giovani, circa il loro posto e ruolo nella Chiesa di oggi. In quest’occasione sono state poste tante domande, e, guardando al documento finale, ho l’impressione che le risposte debbano ancora arrivare, o meglio, che dobbiamo essere noi a rispondere a queste vere sfide di fronte a un nuovo mondo giovanile.

È vero che i tempi sono cambiati, ma, diciamoci la verità, i tempi stanno cambiando da quando il mondo è mondo. Ciò che caratterizza l’uomo fin dall’inizio della sua storia è che fondamentalmente è un esploratore creativo. Abbiamo già in mano strumenti ben conosciuti, ma ci vuole una vera arte per adeguarli al presente. Non si finisce mai di imparare ad usare con saggezza ciò che abbiamo ricevuto per poter conquistare il futuro promesso dal Signore, un futuro pieno di speranza.

Proprio qui inizia una vera sfida nel decidere e scegliere il meglio per ciascuno.
Ultimamente ho chiesto ad alcuni giovani ciò che fosse decisivo, secondo loro, per discernere quale strada intraprendere. Tutte le risposte ruotavano attorno a due poli: testimonianza e amicizia.
Come mai? Forse, perché oggi il problema è che siamo abituati a non riflettere troppo per poter discernere, ma piuttosto a lasciarci coinvolgere dalle varie attrattive di questo mondo, così che le scelte vitali più importanti rimangono sospese per un tempo indeterminato. Purtroppo si corre il rischio di non decidere affatto. Questo indica che ci vuole un nuovo modo di discernere, che sia diverso dalle facili e immediate abitudini a rinunciare alle proprie responsabilità, con la fiducia di voler camminare insieme.

A questo punto subentrano le intuizioni dei miei giovani interlocutori.
La testimonianza è un’indicazione vera per chi cerca: osservando la vita gioiosa, radicale, soddisfatta di chi ha già scelto il cammino con il Signore ci si può sentire invitati a intraprendere questa vita, chiamati da Gesù: la vita in pienezza.

L’amicizia invece non è altro che un accompagnamento a lungo termine. Una dinamica vecchia come il mondo, ma pare molto più saggia delle offerte virtuali più progressive. Accompagnamento significa relazione, contatto dal vivo, vuol dire costruire l’amicizia con le proprie forze, capacità e anche con le peculiarità di ciascuno, ma è sempre qualcosa da costruire insieme, mai da soli.

In questo contesto risuona bene la frase del libro di Giobbe:

ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà;
non c’è niente di nuovo sotto il sole. (Gb 1,9).

Dunque, una nuova pastorale per le vocazioni dipende da noi e dalle risposte che vogliamo dare alle varie sfide odierne.

Una cosa è certa: se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove (2Cor 5, 17). Siamo uomini e donne nuovi per rispondere ad una nuova vocazione per una nuova evangelizzazione. Guardando sempre a Lui, saremo raggianti e illuminati per agire, attirare, affascinare e infine poter accompagnare coloro che non hanno trovato ancora il proprio posto, che passano tutto il tempo a porsi delle domande, incapaci di scegliere e decidere.

Per questo siamo chiamati ad accompagnare, non tanto come maestri, ma soprattutto in qualità di testimoni e amici, segnati dalla gioia, dalla speranza e dalla radicalità.

Iwona Sułek

Articolo tratto dalla rivista periodica della Koinonia “il KeKaKò”